A partire dall'emergenza Corona virus in Italia, si discute tra
specialisti in salute e sicurezza sul lavoro, in merito
all'opportunità o obbligatorietà dell'aggiornamento del documento di
valutazione dei rischi in tutti i luoghi di lavoro, in particolare in
relazione al rischio biologico.
Sul tema sembra essere stato raggiunto un punto di chiarezza con il
documento Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure
per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus
Covid-19 negli ambienti di lavoro del 14/03/2020, favorito dal
Governo e sottoscritto dalle associazioni dei datori di lavoro e dei
lavoratori. Nella premessa al documento si legge che:
L’obiettivo del presente protocollo condiviso di regolamentazione è fornire indicazioni operative finalizzate a incrementare, negli ambienti di lavoro non sanitari, l’efficacia delle misure precauzionali di contenimento adottate per contrastare l’epidemia di COVID-19.Il COVID-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione. Il presente protocollo contiene, quindi, misure che seguono la logica della precauzione e seguono e attuano le prescrizioni del legislatore e le indicazioni dell’Autorità sanitaria.
Sull'obbligo di un documento di valutazione del rischio Covid-19
L'aggiornamento del documento di valutazione del rischio biologico
deve essere effettuato per gli ambienti di lavoro sanitari, mentre,
in generale, negli altri ambienti di lavoro, non è necessario, in
quanto il rischio di contagio non caratterizza l'ambiente, le
attività, le sostanze, i lavoratori o altri persone eventualmente
presenti, o almeno, allo stato attuale, non lo caratterizza in misura
maggiore o diversa da quanto avviene per i luoghi di residenza della
popolazione. Per gli ambienti di lavoro non sanitari si tratterebbe
quindi di garantire l'attuazione delle prescrizioni del legislatore e
le indicazioni dell’Autorità sanitaria come presentate nel
Protocollo sanitario.
Secondo alcuni tecnici della salute e sicurezza sul lavoro e
rappresentanti sindacali dei lavoratori, la revisione del documento
di valutazione del rischio biologico o l'emissione di un documento di
valutazione sul rischio Covid-19 è necessaria in forza dell'art. 17
c. 1 lettera a) del D.Lgs. 81/2008 che richiede la valutazione di
“tutti i rischi” per la salute e la sicurezza sul lavoro.
Il
documento sarà ritenuto adeguato da questi tecnici – credo – se
riporterà le indicazioni del Protocollo nazionale del 14/03/2020 e
questo dovrebbe illuminarci su un errore nella richiesta ai datori di
lavoro di una valutazione specifica Covid-19 che forse deriva da un
approccio esclusivamente esperenziale sulla gestione dei documenti e
che sembra aver smarrito i principi ispiratori della salute e
sicurezza sul lavoro i quali attendono non solo alla tutela dei
lavoratori, ma anche ad un miglioramento delle condizioni di lavoro.
Infatti non è possibile elaborare un documento di valutazione del rischio Covid-19 in un ambiente non sanitario con un contenuto
pienamente conforme all'art. 28 del D.Lgs. 81/2020 che, come noto
agli addetti al settore, richiede, sin dalla prima introduzione
dell’obbligo di legge, che il documento di valutazione dei rischi contenga
una relazione con i criteri seguiti per la valutazione, le
misure di prevenzione e protezione attuate e il piano delle misure
ritenute opportune per il miglioramento. Nel caso in esame,
il documento si limiterebbe invece alla riproduzione delle misure indicate nel Protocollo nazionale.
Documento di valutazione dei rischi per gli ambienti di lavoro non sanitari
Negli ambienti di lavoro non sanitari, il riesame della valutazione dei rischi deve essere effettuato non
tanto in relazione al nuovo pericolo Covid-19 (in fase di studio da
parte della comunità scientifica e di contenimento da parte delle
Autorità), quanto piuttosto in relazione alle mutate condizioni di
lavoro derivanti dall’epidemia in corso, cogliendo così l’impatto
sui rischi per il lavoratore nello specifico contesto aziendale. Il
documento di valutazione dei rischi aziendale deve quindi
essere riesaminato completamente, non solo per la parte relativa al
rischio biologico, ma anche per gli altri rischi che possono essere variati, in relazione, ad esempio, al minor numero di persone presenti
in azienda, al loro maggiore distanziamento e alle diverse modalità
di comunicazione e di organizzazione del lavoro. In assenza di
variazione degli altri rischi, le misure di prevenzione e protezione
adottate devono comunque essere riesaminate in termini di
compatibilità con le misure adottate con riferimento al Protocollo
nazionale, verificando, ad esempio, la compatibilità dei DPI e i rischi per
la salute associati alla gestione degli stessi. Deve inoltre essere
riesaminato, il piano di emergenza (art. 43 del D.Lgs. 81/2008), in
modo da garantirne la piena attuabilità in sicurezza, nelle mutate condizioni di
lavoro, e nei nuovi scenari di emergenza prevedibili, come quello
relativo all’arrivo in azienda di una notizia sospetto contagio.
Aspetti etici della valutazione dei rischi durante l'epidemia
Il dibattito sulla necessità di elaborazione del documento
sul rischio Covid-19 rischia di nascondere la prima e più importante
valutazione dei rischi che il datore di lavoro è tenuto ad
effettuare e che è quella relativa alla prosecuzione dell’attività
imprenditoriale in regime di epidemia. Il DPCM 09.03.2020, tuttora in
vigore, estende a tutto il territorio nazionale le limitazioni, già
definite per un’ampia zona del Nord Italia dal DPCM del 08/03/2020,
autorizzando gli spostamenti delle persone solo se motivati da
comprovate da esigenze lavorative, condizioni di necessità o motivi
di salute. Ritengo non adeguata la comparazione tra le esigenze lavorative, che attengono la sfera economica e motivazionale, con le condizioni di necessità o i motivi di salute, che attengono i bisogni essenziali delle persone. Nel caso di comprovate esigenze lavorative come motivazione per lo spostamento dei lavoratori, l’impatto
potenziale del rischio valutato dal datore di lavoro che comprava l'esigenza si estende alle famiglie e ai
contatti sociali dei lavoratori. Credo pertanto che la questione vada
esaminata con molta attenzione, sia da parte dei datori di lavoro che
del legislatore, il quale rischia così di trasferire di fatto ai datori di
lavoro valutazioni che hanno un impatto potenziale diretto e grave
sulla collettività.
Da un punto di vista etico, la valutazione del datore di lavoro dovrebbe considerare anche i rischi di contagio da parte dei lavoratori con la popolazione durante il trasferimento da e per l'azienda e il potenziale impatto sulla disponibilità di specifici DPI per gli operatori sanitari: alcune aziende hanno lanciato un appello di solidarietà alle aziende che hanno disponibilità di DPI affinché li possano mettere a disposizione dei sanitari che al momento ne lamentano la carenza.
Covid-19 e il processo di valutazione dei rischi
Volendo delineare un flusso decisionale nel processo di valutazione
dei rischi durante l’epidemia, il datore di lavoro dovrebbe:
- valutare il proseguimento delle attività dell'azienda in generale;
- individuare e sospendere, in conformità al Protocollo nazionale, quei processi che non sono strettamente necessari alla produzione;
- individuare ed adottare misure atte a garantire che le persone non si trovino, anche accidentalmente, a distanze di un metro l’una dall’altra ed adottare, nel caso questa distanza non può essere garantita, mascherine di protezione (l'utilizzo delle mascherine dovrebbe essere controllato e ridotto al minimo indispensabile, sia per i motivi etici sopra richiamati sia per conformità ai principi generali di sicurezza che prevedono la priorità delle misure di protezione collettiva rispetto alle misure di protezione individuale);
- in relazione alle modalità di lavoro stabilite, devono essere attuate tutte le altre indicazioni del Protocollo nazionale, inerenti sostanzialmente lavaggi, sanificazione, comunicazioni e formazione;
- riesaminare ed aggiornare sia il documento di valutazione dei rischi che il piano di emergenza.
Questa è valutazione dei rischi. Il datore di lavoro e i suoi
consulenti, il RSPP e il Medico competente in primis, sono ora chiamati ad una valutazione molto
difficile che ha un impatto potenziale su tutta la popolazione.
Ognuno, compresi i lavoratori e l’intera comunità, è chiamato a
collaborare affinché i processi necessari a superare l’epidemia in
corso si svolgano con il miglior risultato possibile.
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