2009-07-21

Appello dei professori di diritto penale contro le ipotesi di correttivo

Noi sottoscritti, professori di diritto penale e di altre discipline giuridiche, richiamiamo l'attenzione sullo schema di decreto legislativo, approvato il 27 marzo dal Governo, che stravolge punti nevralgici del d. lgs. 81/08 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.
In particolare lo schema di decreto esonera da responsabilità i soggetti (datore di lavoro e dirigenti) che rivestono posizioni apicali nell'impresa: non sarebbero più obbligati ad impedire eventi lesivi o mortali nei luoghi di lavoro quando a concausare gli eventi siano condotte colpose di altri soggetti.
L'art. 10 bis dello schema di decreto, che introdurrebbe nel d. lgs. 81/08 un nuovo art. 15 bis, apporta infatti una profonda deroga alla disciplina generale della responsabilità omissiva, disciplinata dall'art. 40 comma 2 del codice penale, stabilendo che nei reati commessi mediante violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni ed all'igiene sul lavoro i vertici dell'impresa non sono più responsabili, quando l'evento morte o lesioni personali "sia imputabile" al fatto colposo del preposto, dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori, degli installatori, del medico competente o del lavoratore.
Si stravolgerebbero così i principi consacrati nel codice penale, spogliando i soggetti che rivestono posizioni al vertice dell'impresa del loro indiscusso ruolo di garanti della vita e dell'incolumità fisica dei lavoratori: cesserebbero i loro doveri di controllare le eventuali negligenze dei preposti e dei medici aziendali, e di scegliere con oculatezza e diligenza i soggetti esterni all'azienda (progettisti, fabbricanti, fornitori, installatori), doveri finalizzati proprio ad evitare le morti o le lesioni dei lavoratori. Inoltre, il venir meno del dovere di controllare ed evitare le negligenze dei preposti scaricherebbe esclusivamente sulle spalle del lavoratore la "responsabilità" della sua morte.
Nell'attuale disciplina, l'indiscusso dovere di controllo in capo ai vertici dell'impresa degli eventuali comportamenti negligenti dei preposti legittima appieno il concorso di colpa dei soggetti apicali e degli stessi preposti per l'omesso controllo delle condotte colpose dei lavoratori, la cui assuefazione al rischio li conduce spesso a trascurare l'adozione delle misure di protezione della propria integrità fisica. L'uscita di scena dei vertici dell'impresa, progettata dallo schema di decreto, rivoluzionerebbe questo assetto normativo, costantemente applicato dalla giurisprudenza della Cassazione, lasciando il lavoratore nella sua solitudine di vittima predestinata di un meccanismo normativo, che fatalmente lo stritolerebbe, e al contempo lasciando impuniti i primi responsabili delle offese alla sua vita o alla sua integrità fisica.
E non è inutile aggiungere che la progettata modifica normativa si applicherebbe non solo per il futuro, ma anche per il passato, trattandosi di una disciplina più favorevole, e dunque coinvolgendo anche tutti i procedimenti penali in corso, ivi compresi quelli più clamorosi come quelli relativi ai fatti della Thyssen e della Eternit.
Molteplici sono d'altra parte i profili di illegittimità costituzionale di questa progettata nuova disciplina.
In primo luogo per contrasto con l'art. 76 della Costituzione , dal momento che la legge delega non faceva alcun riferimento ad una tale forma di limitazione di responsabilità per datori di lavoro e dirigenti, con conseguente eccesso di delega da parte del Governo. In secondo luogo per contrasto con l'art. 117 comma 1 della Costituzione, in quanto la disposizione viola gli obblighi comunitari, di cui all'art. 5 della direttiva 89/391/CEE, che limita l'esclusione della responsabilità del datore di lavoro alle sole ipotesi di intervento di fattori eccezionali ed imprevedibili.
In terzo luogo per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, per aver irragionevolmente dato la prevalenza agli interessi del datore di lavoro rispetto a quelli dei lavoratori in un quadro costituzionale nel quale l'iniziativa economica è libera, a condizione però che non si svolga "in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana" (art. 41 della Costituzione). Si tratta, in definitiva, di una norma che non può essere 'riscritta', ma che va completamente cancellata.

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